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    Padre Luca De Longis apre nuove strade alla giovane Congregazione di Madre Miradio.

    A Valle Tufara, in provincia di Benevento, un suo zio, don Francesco Capasso, gestiva un orfanotrofio maschile. Il frate gli scrisse offrendogli la disponibilità e la collaborazione della Madre e delle sue suore per l’assistenza di quei ragazzi. Questi accettò di buon grado la proposta.        

     

    Valle Tufara

    Il 2 aprile 1902 Madre Miradio, Suor Antonietta, Suor Vincenzina e Assunta, la giovane postulante si recarono a Tufara Valle.

    Fu subito necessario e urgente rimboccarsi le maniche e mettersi immediatamente all’opera: c’era tanto da fare, perché… non c’era quasi nulla. La sola ad abbondare lì era “madonna povertà”. Il resto bisognava procurarselo, soprattutto il cibo per sopravvivere.

    Così, per qualche giorno, nel ringraziare il Signore che consentiva loro di essere strumenti per l’edificazione del suo Regno, Madre Miradio sentiva di dover sottolineare, con grande intensità, il “dacci oggi il nostro pane quotidiano” visto che spesso non avevano da mettere a tavola neanche quello!

    Fedeli all’invito di Gesù di non preoccuparsi troppo del futuro, a non darsi eccessiva pena per il domani, per quello che mangeranno e per come vestiranno, Madre Miradio e le prime compagne vivono alla giornata, felici di essere le “povere volontarie” del Regno, alla sequela di Colui, che non aveva… neanche una pietra su cui poggiare il capo.

    I primi giorni volano via rapidamente, come un lampo, sulle ali di un pionieristico entusiasmo.

    La scuola, destinata inizialmente ai ragazzi dell’orfanotrofio, fu la prima opera che si riuscì ad attivare: in fondo era quello lo scopo principale per cui si trovavano lì.

    Anche le buone nuove corrono veloci. Perciò, appena diffusa la notizia di lezioni tenute dalle suore, dalle famiglie del paese e dei dintorni giunsero richieste così numerose e insistenti che non si poté non considerarle.

    Si ritrovarono, infine, con più bambini e fanciulle di quanti erano i posti recuperati nei locali a disposizione. Tutte famiglie poverissime. Solo alcune potevano contribuire con una retta più o meno regolare, per quanto modesta fosse.

     

    Consapevole che l’istruzione e l’educazione sono il primo servizio da rendere ai poveri, Madre Miradio, nonostante le entrate irrisorie e la spesa - tutt'altro che irrisoria, invece - che avrebbe comportato, decise di assumere una maestra di campagna: non voleva, infatti, che, per il gran da fare che toccava a lei e alle compagne, ad risultare penalizzata fosse l’opera educativa e l’istruzione dei bambini.

                      

    Padre Luca, intanto, si occupava personalmente dei dovuti passaggi in vista del riconoscimento canonico della nuova Congregazione.

    Approfittando di una permanenza a Benevento ritenne giunto il momento di presentare la piccola comunità all’Arcivescovo, Mons. Paolo Schinosi.

    Madre Miradio e le suore sono accolte con molto garbo dall’Arcivescovo: anch'egli, infatti, a conoscenza dell'opera che svolgono a Valle Tufara, apprezza lo “zelo veramente apostolico” con cui esse lavoravano e i “sacrifici indescrivibili” ai quali erano sottoposte.

    Ebbe per loro paterne e benevole parole di incoraggiamento.

    L'affabilità dell'Arcivescovo e le affettuose espressioni loro indirizzate rincuorano, la sua benedizione conforta: significava la conferma di essere ben accolte in Diocesi, che il loro servizio veniva richiesto, la loro presenza stimata da tutti.

    Mons. Schinosi, buon Padre e saggio Pastore, consegnò a Madre Miradio anche un’offerta in denaro: per gli orfani dei quali vi prendete così amorevole cura, disse, riuscendo a prevenire la riluttanza delle suore povere, che mai avrebbero accettato qualcosa per se stesse.

    Da lui avevano già ottenuto un dono prezioso: il primo sospirato "riconoscimento diocesano".

    Come dire: riconoscimento autorevole del "carisma", diritto di cittadinanza nella santa Chiesa di Dio, l’autorizzazione ad accogliere giovani probande, che domandassero di entrare nella fraternità; ammetterle successivamente alla vestizione e infine alla professione. Tutte premesse fondamentali per un futuro moltiplicarsi di forze per soccorrere il maggior numero possibile di poveri e servire il Regno di Dio.

    Questi eventi, forse semplicissimi nelle dimensioni, ebbero il potere di infondere entusiasmo, tanto che le anfore nuovamente ricolme ripresero a traboccare.

    Ormai la certezza di essere sulle vie tracciate dalla Provvidenza sopravanzava di gran lunga il dubbio di non esserlo!

    È un momento di riscatto, che ricompensa ogni sacrificio, impreziosisce una ad una tutte le privazioni, risarcisce ampiamente i quotidiani prezzi pagati con l'abnegazione e la rinuncia.

    Mentre la realtà fino a poco prima era quasi riuscita a infrangere il sogno, toccava ora al sogno trasfigurare la realtà, rendendola improvvisamente decifrabile anche in quei passaggi che sul momento si preferirebbe non aver mai vissuto. Quei momenti, che sono “scarabocchi” tracciati dalla mano di Dio sulle vite umane e che da vicino rivelano la bellezza dei suoi disegni e la novità delle sue storie.

    Il lavoro era tanto: gli orfani, la scuola, la questua, ma tutto era vissuto nella gioia del dono e nell’abbandono: “guardate gli uccelli del cielo…”.

     

    "Povere Figlie di S. Antonio"

    Madre Miradio e le suore diventano una presenza significativa tra quella gente. Chi non ha occasione di recarsi in visita all'orfanotrofio, le incontra per strada, intente a guadagnarsi il cielo riconoscendo, amando e servendo Cristo Signore in terra, nei suoi poveri. Come lui stesso aveva detto…

    Destano ammirazione queste donne votate al bene, che si occupano dei figli di nessuno e dei più indigenti, si adattano rapidamente alle condizioni di vita più umili, non hanno pretese.

    Se non fosse per l'abito che le distingue, potresti facilmente confonderle tra chi va e chi viene dai campi, con le massaie affaccendate…

    Ma più che l'abito c'è altro che le identifica: quei volti esprimono serenità, hanno per ognuno qualche parola semplice che incoraggia, esorta ad avere fiducia in Dio, i loro gesti hanno sapore di cordialità, di cortesia, di amicizia.

    E poi sono infaticabili.

    È grande la gioia di Madre Miradio e di Padre Luca nel vedere come la piccola fraternità assumeva man mano i tratti interiori ed esteriori di una configurazione tipicamente francescana: suore povere con i poveri, tra la gente e per la gente, che portano letizia, sostengono con la speranza, persone per le quali la propria povertà non è un peso, ma una esperienza di libertà per un dono più generoso di se stesse. E tutto questo è beatitudine.

    I miracoli, dunque, accadono!

    Perché allora non mettere il giovane Istituto sotto la protezione di Sant'Antonio di Padova, il popolarissimo "santo dei miracoli"?

    “Nella Chiesa e per la Chiesa - dirà Padre Luca - sarete lePovere Figlie di S. Antonio” perché vivrete in base dell’altissima povertà di Gesù Cristo e del nostro serafico Padre S. Francesco”.[1]

     

    Le “Povere Figlie di Sant’Antonio”: una denominazione che racconta un modo di essere, definisce uno stile di vita, un costante atteggiamento interiore. Una denominazione che esprime nient’altro che la logica conseguenza di una vocazione e missione radicata e fiorita nella povertà evangelica assunta non secondo ottiche di “privazione”, ma nella luce di un progetto di liberazione profonda, che per compiersi ha bisogno di spazio nella coscienza e nel cuore, di “vuoto interiore”, di “impoverimento”, appunto, e si alimenta del coraggio di decidere e scegliere l’“essenziale” per la vita.


    [1] Cf. Costituzioni 1903, 52.

     

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    Padre Luca De Longis era nato a Boscoreale (Napoli) il 24 giugno 1866 da Pietro e Luisa Vitelli. Battezzato l’indomani da Don Nicola Pirozzi, fu chiamato Vincenzo. Il 31 ottobre 1887 entrò nell’Ordine dei Frati Minori, presso il convento di S. Maria Immacolata a “La Palma”, nella Provincia Riformata di Napoli e Terra di Lavoro.

    Ebbe come maestro di noviziato Padre Cherubino da Casalnuovo, ex Ministro Provinciale. Il 1° novembre 1888 emise la prima Professione nelle mani del Ministro Provinciale Padre Antonio Casolaro da Casoria e l’8 novembre 1891 quella perpetua alla presenza di Padre Giuseppe da Frattamaggiore.

    Fu ordinato diacono il 22 maggio 1892 da Mons. Vincenzo Taglialatela, Arcivescovo titolare di Bostra e il 7 agosto 1892 presbitero da Mons. Filippo Degni, Vescovo titolare di Lete e ausiliare del Cardinale Arcivescovo di Napoli, Guglielmo Sanfelice di Acquavella.

    Iniziò il suo cammino come seguace di S. Francesco in un periodo in cui la vita religiosa della Famiglia Minoritica fu caratterizzata da un autentico ritorno allo spirito e alle intenzioni del suo Fondatore. Nella Provincia napoletana il principale promotore di questa rinascita fu il Beato Padre Ludovico da Casoria, nel quale i contemporanei riconobbero una chiara impronta dell’animo di Francesco d’Assisi. Ignoriamo se Padre Luca abbia conosciuto personalmente Padre Ludovico. È certo, però, che vivendo i suoi anni di formazione al convento “La Palma”, dove Padre Ludovico era vissuto e morto, non poté non subirne l’influsso benefico e lo stile di vita povero, austero, penitente, orante, caritatevole.

    Testimonianze dirette su Padre Luca ci provengono da alcuni confratelli, che ne ricordano soprattutto l’ammirevole condotta di vita, ne pongono in risalto l’esemplarità delle virtù e l’eloquenza nel ministero della predicazione:

    Nel 1897 avevo 14 anni e mi trovavo a Napoli nel Collegio Serafico dei Frati Minori Riformati del convento soprannominato il Presepe, sito in via Vecchia Capodimonte, in collegio eravamo una ventina di probandi, cioè di giovanetti aspiranti alla vita francescana. Con i miei compagni di collegio quando si usciva a passeggio si cercava di andare al convento della Palma, una vera oasi di frati santi, che era addivenuta meta di pellegrinaggio. E fu in una di queste gite preferite che ebbi il piacere e la gioia di vedere, conoscere e salutare il Venerando Padre Luca, fondatore delle Suore “Povere Figlie di S. Antonio”. Ricordo che in quel momento scendeva dal secondo piano, veniva dal reparto dove il Padre Ludovico da Casoria morto in concetto di santità aveva raccolto i Moretti per impartire loro educazione e istruzione di cui erano privi per mancanza nella loro nazione di civiltà e progresso. Padre Luca come ci vide, si fermò e gettandoci uno sguardo di compiacenza, ci rivolse parole di incoraggiamento nella vita intrapresa, ad essere buoni, bravi, amanti dello studio e della preghiera che è la scala che conduce al cielo. Al nostro omaggio di devozione e di riverenza ci benedisse e dopo avergli baciato la mano ci lasciò sorridente e compiaciuto. Di lui mi è rimasto impresso che era alto, slanciato, ritto come un fuso, piuttosto ossuto e col viso emaciato dalle lunghe astinenze. Mi colpì pure e in especial modo l’abito che portava, era lindo e pulito, ma in fondo vi era un’aggiunta scolorita che stonava col colore dell’abito. Incuriosito domandai il perché. Mi dissero: per lui è segno di umiltà, l’attaccamento alla povertà gli fa dispregiare ogni ricercatezza della vita presente. Che dire dei padri, frati, laici? Tutti ne parlavano bene. Dicevano: è un Padre buono, un frate esemplare, un grande lavoratore nella vigna del Signore, da suscitare simpatia in chi l’avvicina per i suoi modi gentili, garbati e accoglienti. Quando si allontanò da noi, uno dei frati più vicino a lui aggiunse: ora va in città, forse a confessare, o a visitare qualche infermo, a portare di nascosto un sollievo a qualche poveretto” (Testimonianza autografa di Padre Giuseppe Anastasia O.F.M., Rionero, 20 aprile 1966).

    Padre Luca De Longis giunse a Carpino per la Quaresima del 1901, La predicazione del giovane francescano è appassionata e coinvolgente, le sue parole vengono raccolte in un silenzio attento e devoto: la compostezza dell'uditorio e la partecipazione confermano la cura pastorale che lo zelante Don Carisdeo dedica all'educazione del suo popolo. Il clima quaresimale, poi, è quanto mai propizio per sollecitare alla pratica cristiana e Padre Luca sa adattare molto bene i temi della dottrina alla semplicità degli ascoltatori. Nei discorsi non manca il vigoroso e fermo richiamo a praticare fedelmente la legge di Dio: è tempo di grazia e di conversione per ognuno, è tempo di redenzione.

    Contrariamente all’austerità del portamento, i modi gentili, amabili e accoglienti di Padre Luca conquistarono presto il cuore dei carpinesi. Accorrevano in gran numero al suo confessionale, per raccogliere il perdono divino, chiedere una benedizione, un consiglio, un conforto.

    Anche Madre Miradio e le suore restano favorevolmente colpite per la bontà, l’umiltà, lo zelo apostolico che irradia il degno figlio di S. Francesco. La fiducia e l’ammirazione che dopo qualche giorno il frate ispira, le danno la certezza che quest’uomo di Dio avrebbe saputo comprendere il dono che lo Spirito, sorgente di ogni carisma, le aveva affidato.

    Sente di potergli aprire completamente l'anima: è stato il Signore a permettere che si incrociassero le loro strade. Decide allora di manifestargli il nuovo progetto di lavoro nella Chiesa e raccontargli, fino a quelle più recenti, le sofferte vicende, che ne ostacolavano ancora il compimento.

    Padre Luca sa ascoltare. Accoglie ogni parola in silenzio, non interrompe, ascolta con il cuore; lo sguardo indugia su colei che parla, la scruta attentamente, quasi a voler saggiare l’autenticità e la rettitudine che pare intravedere in quella storia di vita, consegnata senza esitazioni. Valuta con molto rispetto le segrete intenzioni, che traspaiono man mano che Madre Miradio prosegue nelle sue confidenze; ammira la sorgente di energia, la risolutezza del carattere, la lucida mente organizzativa, lo spirito genuinamente francescano, che anima quella giovane donna consacrata a Dio, ardentemente convinta che il senso della propria vita fosse servire il Vangelo testimoniando la carità verso i poveri.

    Davvero solo un… caso quell’incontro?

    Quando Madre Miradio accennò al “sogno premonitore” le labbra di Padre Luca si incresparono in un sorriso compiaciuto ed enigmatico. Così spettò al frate confidarle che essere a Carpino quella Quaresima era anche per lui un segno misterioso della Provvidenza: “Avevo già accettato l’impegno di predicare a Procida, quando mi giunse l’invito da Carpino. Non volevo accettare per non venir meno alla parola data, ma mi sono sentito come violentato a venir qua. Non avendo chiaro il perché della cosa e per essere sicuro di essere nella volontà di Dio, chiesi consiglio ad una persona di santa vita, la quale mi ha detto “Va’ a Carpino, lì troverai un bel lavoro preparatoti dalla Madonna”. Ora mi è tutto più chiaro: questo è il lavoro che mi attendeva” (Suor Colomba Blasiello).

    Come non vedere in tutto questo la mano amorosa e provvidente di Dio?

    Confidate nel Signore, sempre!” (Is 26,4). Soprattutto quando le certezze si incrinano, le situazioni diventano insostenibili e tutto sembra rivoltarsi contro…

    Ancora una volta la fiducia non era, dunque, stata disattesa. Ancora una volta, agli occhi di chi confida, Dio si era rivelato Colui che si prende cura, che dice “Non temete” ed invita a perseverare nella ricerca del suo Regno (cf. Lc 12,7.31).

    Madre Miradio si ritrovò all’improvviso sollevata, serena, intimamente felice…

    Padre Luca era un grande innamorato di Cristo e di Francesco d’Assisi. La Madre capì immediatamente che le loro anime, francescane per indole e per formazione, si erano sintonizzate in una forte consonanza spirituale.

    Dio, i cui tempi non sono i nostri, al momento opportuno lo aveva posto a uno snodo importante della sua vita: nessuno meglio di lui avrebbe saputo guidare lei e le compagne nel dar vita a quell’Opera che Iddio le ispirava di fondare sulle vie misteriose della sua Provvidenza” (Madre Miradio, Palma Campania, 25 agosto 1918).

    Sì, quel giovane frate era uno strumento della Provvidenza inviatole perché riprendesse coraggio proprio in un nuovo e imprevisto momento di difficoltà per il proseguimento dell'Opera: sembrava avviata sotto i migliori auspici, invece…

    Per un istante, solo un istante, aveva quasi ceduto alla tentazione di reclamare da Dio “segni indubitabili”, pretendere che la sua volontà si svelasse in teofanieclamorose!

    Lui aveva continuato ad avvolgerla nell’ombra luminosadella sua discreta presenza e a rivelarsi ancora nel “mormorio di un vento leggero”, che all’Oreb aveva già convertito Elia confermandolo profeta e riconsegnandolo alla sua missione (cf. 1 Re 19,12).

    C’è un tempo per seminare e un tempo per raccogliere, un tempo per la gioia e un tempo per l’afflizione, un tempo per cercare e un tempo per scoprire, un tempo per l’esilio e un tempo per il ritorno…

    Per lei era tempo, quello, di sostare tranquilla nell’abbraccio di una convinzione: non era più sola, non sarebbe stata una tregua fugace, qualcuno avrebbe condiviso con lei il progetto e desiderato come lei che si compisse. Soprattutto era una conferma che, nonostante il vagare, i suoi passi non l’avevano allontanata dai sentieri della Provvidenza.

    Fu come rapita in quei pensieri. La voce di Padre Luca la riportò alla realtà: “Madre, lasciamo che Dio continui a parlare alla nostra vita in questo tempo di grazia e di conversione. Chiediamogli di penetrare profondamente con la preghiera il suo mistero di salvezza. Pregate, pregate con molto fervore e poi faremo quanto il Signore ci suggerirà” (Suor Colomba Blasiello).

    Accadde che il momento di angustia, generato dalla prospettiva di allontanarsi da Carpino, si trasformò in "quaresima di luce", esodo da ogni residuo indugio verso una Pasqua di vita nuova. Per Madre Miradio e le suore furono giorni intensi di preghiera, di penitenza, di ascolto attento della Parola, di discernimento della divina Volontà.

    Padre Luca incontrava spesso la Madre allo scopo di verificare se quanto si stava evolvendo sotto i loro occhi non fosse un sottile inganno, una “illusione ottica” prodotta non dal ricercare Dio, quanto se stessi, un abile tranello del maligno.

    In uno degli incontri lei decide di rimettersi umile e docile alla guida del pio frate. Adulta, Madre Miradio si fa evangelicamente “bambina”, si abbandona in un atteggiamento di fedeltà e obbedienza, decisa a raggiungere i nuovi traguardi che le vengono additati. Con la direzione di Padre Luca si sente finalmente al sicuro.

    Nei giorni che seguirono, Padre Luca sembrò quasi che la "studiasse". Cercava, in verità, conferme alle opinioni registrate fin dai loro primi colloqui. Non avrà bisogno di mutare giudizio. Aveva colto nel segno perché la religiosa è davvero chi mostra di essere: umile e semplice, fervorosa e disinvolta, risoluta ed amante della preghiera. Soprattutto è obbediente.

    Proprio la virtù che meglio configura il discepolo al Maestro, obbediente fino alla morte, alla morte di croce (cfr. Fil 2,8), fornisce a Padre Luca gli argomenti per convincersi che le vicende non facili che avevano accompagnato la storia della Madre meritavano un attento e illuminato discernimento, perché in esse sono chiare le tracce della volontà di Dio su di lei.

    Al termine della quaresima, entrambi hanno la certezza che l’opera iniziata è voluta da Dio e loro sono stati chiamati ad essere come il solco in cui il germoglio avrebbe presto messo radici.

    Padre Luca confermò così ogni possibile aiuto, offrì il suo consiglio di maestro di spirito e di guida e accettò di occuparsi personalmente della fondazione nascente. Impegno che sostenne fino alla morte con dedizione e saggezza.

    Esaminata la difficile contingenza in cui versavano le suore, consigliò anzitutto di ubbidire al Vescovo e quindi lasciare Carpino: avrebbe provveduto lui stesso a cercare altrove un luogo dove poter reimpiantare la presenza e continuare la missione.

    Nel congedarsi da lui al termine della quaresima, che per tutto il popolo era stata un momento particolarissimo di grazia e di benedizione, sentì che il giovane figlio di S. Francesco avrebbe contribuito non poco - e tra non molto - a dare alla giovane Famiglia l’identità e la fisionomia francescane.

    Al momento inevitabile dei saluti, alla commozione si unì un profondo senso di gratitudine che da quel giorno il suo cuore nutrì sempre per colui che le fu donato come guida prudente, compagno sapiente, fratello e, per la Congregazione, un “confondatore”.

     

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