GAETANO THIENE: UN SANTO PER IL NOSTRO TEMPO
Nasce a Vicenza nel mese di ottobre del 1480, muore a Napoli il 7 agosto 1547.
Contemporaneo di Lutero, Gaetano Thiene può dirsi la voce umile nel coro di quanti invocavano all’interno della Chiesa una riforma di vita e di costumi.
Nato dalla nobile famiglia dei Thiene, fu segretario particolare di papa Giulio II e protonotario apostolico. In qualità di "scrittore delle lettere apostoliche", ebbe modo di conoscere da vicino cardinali e prelati.
Siamo nel periodo dello splendore rinascimentale, che vede concentrati a Roma grandi artisti, intenti a realizzare quanto di più bello l’arte era in grado di offrire.
Nel contempo però la vita morale della curia papale, del popolo e del clero, a Roma come altrove, non brillava certo per santità di costumi.
Gaetano non si lasciò abbagliare dallo splendore della corte pontificia, né si scoraggiò per la miseria morale che vedeva. Egli ripeteva: “Roma un tempo santa, ora è una Babilonia”.
Invece di fuggire e ritirarsi in un eremo, da uomo intelligente e concreto, passò all’azione riformatrice, cominciando da se stesso.
Incoraggiato da una suora agostiniana Laura Mignani, che godeva di fama di santità, prese ad assistere gli ammalati dell’ospedale di San Giacomo.
Nel settembre 1516 a 36 anni, accettò di essere ordinato sacerdote, ma solo a Natale di quell’anno, volle celebrare la prima Messa nella Basilica di S. Maria Maggiore.
In una lettera scritta a suor Laura Mignani a cui era legato da filiale devozione, Gaetano confidò che durante la celebrazione della Messa, gli apparve la Madonna che gli depose tra le braccia il Bambino Gesù. Per questo egli è raffigurato nell’arte e nelle immagini devozionali con Gesù Bambino tra le braccia.
Celebrò la prima Messa a trentasei anni e considerò una "gran superbia" l'essere salito all'altare.
Ritornato nel Veneto, nel 1520 fondò a Venezia l’Ospedale degli Incurabili. Instancabile nel suo ardore di apostolato e di aiuto verso gli altri, ritornò a Roma e nel 1523 insieme ad altri tre compagni: Bonifacio Colli, Paolo Consiglieri, Giampiero Carafa (vescovo di Chieti, diventerà poi papa con il nome di Paolo IV).
Gaetano chiese ed ottenne dal papa Clemente VII, l’autorizzazione a fondare la “Congregazione dei Chierici Regolari” detti poi Teatini, con la finalità di vivere la vita in comune servendo Dio attraverso i fratelli.
L’ispirazione che egli sentiva impellente, era di formare e donare alla Chiesa sacerdoti che vivessero la primitiva norma della vita apostolica.
Perciò non ebbe fretta a stendere una Regola, perché questa doveva essere il santo Vangelo, letto e meditato ogni mese, per potersi specchiare in esso.
Le Costituzioni dell’Ordine furono infatti emanate solo nel 1604.
I suoi chierici non devono possedere niente e non possono neanche chiedere l’elemosina, devono accontentarsi di ciò che i fedeli spontaneamente offrono e di quanto la Provvidenza manda ai suoi figli. Aveva sempre presenti le parole di Gesù : “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”.
Nel 1533 per volere del papa Clemente VII, S. Gaetano si trasferì a Napoli, stabilendosi prima all’Ospedale degli Incurabili e poi nella Basilica di S. Paolo Maggiore.
A Napoli fondò ospizi per anziani, potenziò l’Ospedale degli Incurabili, fondò i Monti di Pietà, da cui nel 1539 sorse il Banco di Napoli, il più grande Istituto bancario del Mezzogiorno.
Suscitò nel popolo la frequenza assidua dei sacramenti, stette loro vicino durante le carestie e le ricorrenti epidemie come il colera.
E quando le autorità civili vollero instaurare nel Viceregno di Napoli, il tribunale dell’Inquisizione, il popolo napoletano (unico a farlo nella storia triste dell’Inquisizione in Europa) si ribellò.
La repressione spagnola fu violenta e ben 250 napoletani vennero uccisi, per difendere un principio di libertà.
Gaetano in quel triste momento, fece di tutto per evitare il massacro e quando si accorse che la sua voce non era ascoltata, offrì a Dio la sua vita in cambio della pace.
Morì a Napoli il 7 agosto 1547 a 66 anni, consumato dagli stenti e preoccupazioni e due mesi dopo la pace ritornò nella città napoletana.
L’opera che più l’aveva assillato nella sua vita, era senza dubbio la riforma della Chiesa.
Al contrario del contemporaneo Martin Lutero, operò la sua riforma dal basso verso l’alto, formando il clero e dedicandosi all’apostolato fra i poveri.
A quanti gli facevano notare che i napoletani non potevano essere così generosi negli aiuti, come i ricchi veneziani, rispondeva: “E sia, ma il Dio di Venezia è anche il Dio di Napoli”.
Il popolo napoletano non ha mai dimenticato Gaetano, questo vicentino di Thiene, venuto a donarsi a loro fino a morirne per la stanchezza e gli strapazzi.
Da secoli è stato nominato compatrono di Napoli. Il suo è uno dei nomi più usati da imporre ai figli dei napoletani e di tutta la provincia.
Egli venne beatificato il 23 novembre 1624 da papa Urbano VIII e canonizzato il 12 aprile 1671 da papa Clemente X.
Il messaggio sociale e spirituale di San Gaetano è sempre attuale, come lo faceva notare il Papa Giovanni Paolo II in una lettera del 7 agosto 1980, all'Incaricato Generale dell'Ordine:
È attuale:
- Per il suo spirito altamente sacerdotale, proteso ad una permanente riforma dell'"uomo interiore".
- Per il suo ardore per la riforma della Chiesa del suo tempo.
- Per il suo ritorno alle genuine fonti del Vangelo e alla maniera di vivere degli Apostoli.
- Per lo zelo posto nel decoro della Casa di Dio e nel servizio liturgico.
- Per la sua instancabile dedizione al servizio degli infermi, dei poveri, degli emarginati.
- Per il suo fiducioso abbandono alla provvidente Bontà del Padre Celeste.
DALLE "LETTERE" DI SAN GAETANO, SACERDOTE:
“Io sono un peccatore e di me faccio poco conto, ma ricorro ai santi servi del Signore, perché preghino per te Cristo benedetto e la sua Madre. Non dimenticare che tutti i santi non possono renderti cara a Cristo quanto lo puoi tu.
E' impresa tua, e se vuoi che Cristo ti ami e ti aiuti, tu ama lui e volgi la tua volontà a piacergli sempre e non dubitare che, se anche ti abbandonassero tutti i santi e tutte le creature, egli ti aiuterà sempre nelle tue necessità. Sii certa che noi siamo sulla terra pellegrini e viaggiatori: la nostra patria è il cielo.
… Chi si insuperbisce, va fuori strada e corre alla morte. Mentre viviamo quaggiù, dobbiamo acquistarci la vita eterna, e tuttavia da soli non possiamo, perché l'abbiamo perduta per i nostri peccati, ma Gesù Cristo ce l'ha recuperata.
Perciò bisogna che lo ringraziamo in ogni circostanza, lo amiamo, gli obbediamo e facciamo tutto quello che ci è possibile per rimanere con lui. Egli si è dato per noi come nostro cibo. Infelice chi ignora un dono così grande. Ci è dato di possedere Cristo, Figlio della Vergine Maria. Lo rifiuteremo? Guai a colui che non si cura di riceverlo”.
"Cristo aspetta, nessuno si muove” (S. Gaetano)
ABBANDONO ALLA PROVVIDENZA DI S. GAETANO DA THIENE E DI MADRE MIRADIO
“Cercare la Gloria di Dio”: è lo scopo ultimo della missione che Madre Miradio ha prospettato alla nostra Congregazione. Cercare la Gloria di Dio vuol dire riconoscere Dio quale Signore della Storia dell’umanità e della propria storia personale. Se Dio è Signore, l’atteggiamento teologale che ne consegue è quello di prendere coscienza della condizione creaturale o filiale. L’atteggiamento conseguente a questa scoperta, di sapersi cioè in una condizione creaturale, è un fiducioso abbandono in Dio, alla Sua Provvidenza amorevole.
L’abbandono alla Provvidenza è quindi un atteggiamento di fede, che porta a fidarsi e affidarsi ciecamente “di e a Lui”, con una fiducia profonda che investe totalmente la nostra esistenza. Abbandonarsi alla Provvidenza vuol dire abbandonarsi all’azione creatrice e santificatrice dello Spirito Santo, che ci illumina, ci guida e ci dà forza, per vivere da persone nuove: libere e liberanti. Come Abramo. Come Madre Miradio.
Madre Miradio della Provvidenza di S. Gaetano: gli occhi della mente e del cuore fissi in Dio per discernere la sua adorabile volontà in ogni situazione e il fiducioso abbandono nelle sue mani, sono gli atteggiamenti spirituali che il suo nome significa e sintetizza. Il riferimento a S. Gaetano rafforza l’esplicitazione di tale abbandono nelle mani provvidenti del Padre.
Inconfondibile caratteristica francescana, l’abbandono alla Provvidenza costituisce la dimensione portante di tutto il cammino di fede di Madre Miradio, il tratto essenziale della sua spiritualità: tutta protesa a percepire e a cogliere il passaggio di Dio nella propria storia e nella storia degli uomini, si fa donna dell’ascolto e della dedizione amorosa a Dio, vivendo lo stupore dei piccoli e dei semplici del Vangelo di fronte alla immensa grandezza e tenerezza del Padre e modulando i ritmi dei propri passi sui passi di Dio.
Madre Miradio rappresenterà costantemente un modello di abbandono fiducioso e sereno alla Provvidenza di Dio, alla quale consegna se stessa, le sue figlie e l’Opera.
Abbandono che nel suo vocabolario non è sinonimo di passività, rassegnazione, ma coraggio di tessere la propria volontà con i voleri di Dio.
Pertanto, non riteneva fuori luogo la prudenza, anch’essa virtù, l’accortezza e una certa dose di "calcolo": disporsi alla volontà di Dio non è mai cedere in modo inoperoso agli eventi. Anzi, è a partire da essi che la volontà di Dio va ricercata, interrogando, dubitando, indagando, verificando e, infine, dandosi da fare.
Consegnata alla Provvidenza di Dio, vuole esserne a sua volta efficace strumento per gli altri, testimone credibile che il Padre ha cura di tutti.
In un mondo dove la tecnica e la secolarizzazione occupano il posto di Dio, dove la grande maggioranza dei popoli sono esclusi dalla storia, siamo chiamate:
§ a verificare il nostro “essere profeti di Provvidenza”;
§ ad essere, nella Storia e nella Chiesa locale, donne che sanno cogliere i segni dei tempi;
§ ad assumere un’attitudine interiore di profondo distacco dalle cose e di “diffidenza di se stesse”, vivendo la fede e l’abbandono senza paure, trasmettendo fiducia in Dio, speranza, serenità, gioia;
§ a vivere la semplicità e la sobrietà di vita a livello personale, comunitario e congregazionale;
§ ad accogliere con gioiosa gratitudine ogni segno concreto di Provvidenza, ringraziando Dio per quello che ci dà e per quello che ci toglie;
§ a vivere nella fede la gratuità, la solidarietà e la condivisione senza calcoli.
E "speriamo che il Signore provveda anche per questo”.
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